Giusta osservazione. Le api quando pungono muoiono poiché hanno un pungiglione uncinato che rimane incastrato nei tessuti molli della vittima. In questo caso, le sollecitiamo a pungere una lastra di vetro, quindi il pungiglione non viene trattenuto e alle api non succede nulla. Sono insetti fondamentali per il nostro lavoro. Sarebbe folle, sotto tutti i punti di vista, far loro del male.

La raccolta del veleno viene effettuata senza l’utilizzo del fumo, alleato principale dell’apicoltore per calmare le api durante le visite all’alveare. Questo le rende un po’ più agitate del solito, il che porta ad approcciarsi ad esse con più cautela e ben vestiti. Una volta concluso il trattamento, ritornano ad essere le tranquille api di sempre.

Abbiamo constatato in anni di prelievi che la produzione rimane invariata. Le api continuano a svolgere i loro compiti con la stessa intensità.

Il veleno d’api è quel composto liquido che l’ape inietta quando punge. L’ apitossina è la componente che cristallizza sul vetro dopo che l’acqua e le componenti più volatili sono evaporate.

Normalmente tra un prelievo e l’altro facciamo intercorrere circa 20 giorni in modo tale che le api guardiane si rinnovino. Si è constatato però che, ad ogni prelievo, l’ape rilascia solo una piccola parte del veleno presente nella sua sacca velenifera, la restante parte le rimane per continuare a svolgere le sue funzioni di difesa dell’alveare.

Il veleno è una sostanza molto stabile: al buio, a - 20° C, si conserva per anni. Ciò a cui bisogna prestare più attenzione sono i raggi UV, l’ossigeno presente nell’aria e la luce.

Normalmente, con i sistemi di oggi ci vogliono circa 12 -13 famiglie ben sviluppate per fare un grammo di veleno.